strane storie

Strane storie

Una strada che scorre, un vago senso di colpa, un po’ di freddo alle gambe e alle mani. Al busto no: mi sono fermato lungo l’autostrada a mettere una felpa aggiuntiva sotto la giacca. Forse è questo versante del lago che è in ombra. Dall’altra parte dovrebbe essere più caldo.

Non ti concentrare sul freddo. Hai letto vari libri sulle corse ciclistiche, gli eroi del Giro d’Italia e del Tour de France, sai che la mente può aiutare, può andare altrove e il corpo dopo un po’ la segue. E non si pensa più al freddo, o al caldo, o ad un braccio con il muscolo stirato, come mi è successo facendo un movimento strano per prendere il bancomat e pagare l’autostrada.

Charlie Gaul 1956 – diventò “Angelo della montagna” conquistando il Monte Bondone

Cosa vuole dire pensare? Riflettere? Non lo so bene, non è una attività che inizia quando lo dici tu. È più una attività che mi sorprende, che mi coglie impreparato. Mi ritrovo a pensare, ma mi riesce difficile dare appuntamenti al pensiero. Però il casco, la moto che corre, il verde che sta venendo fuori, ho pensato che fossero un ottimo contesto per fare andare i pensieri.

Era dalla sera prima che ci pensavo. Domani poco da fare: prendo la moto. E vediamo dove andiamo a parare.

Questo ho pensato prima di chiudere il nuovo libro di Orwell e successivamente anche gli occhi.

Orwell negli anni ’30 (del ‘900) va a nel nord dell’Inghilterra, a vedere come vivono gli operai, i minatori e tutte quelle persone che stanno alla base della produzione, quelle senza le quali non ci sarebbe produzione, ma pur sempre invisibili, senza nessuna garanzia se non la mera sopravvivenza e a volte nemmeno quella. Le sempre grandi Edizioni Alegre hanno pubblicato questo scritto, fino ad ora quasi introvabile in Italia. Uno dei problemi principali è l’approccio a quelle classi sociali. L’approccio da borghesi, da gente che non ha di quei problemi, è rischioso: il rischio più grande è che si trasformi in un tour folcloristico, una specie di gita allo zoo a vedere come vivono gli invisibili. Bisogna prendere le misure. Entrare dentro alle storie consapevoli delle differenze, ma senza calare nulla dall’alto. Un equilibrio difficile.

Più vai veloce e più la moto sta in equilibrio. Lo imparai decenni fa andando in bici. Mi accorgevo che più andavo a passo d’uomo e più la bici era instabile. Mentre quando mi lanciavo giù dalle discese maremmane il manubrio stava immobile e non c’era bisogno di sforzi per l’equilibrio.

La mia moto non fa eccezione. Quando è quasi ferma il rischio di cadere è notevole (le mie uniche cadute sono avvenute da fermo), ma appena si prende velocità ecco che tutto si stabilizza.

Autostrada per circa 40 minuti. Poi statale lungo il lago a spingere solo nelle curve con buona visibilità, cioè pochissime.

Avevo bisogno di questo. Però i pensieri non è che siano arrivati subito. Avevo sprazzi di ricordi, espressioni, l’odore di una cucina, di un piatto di benvenuto, un sorriso e la solita parte di te che non si capacità dell’assenza. Non ci crede, vuole mischiare sonno e veglia, vuole pensare che l’incubo sia quello di quando siamo svegli e non viceversa.

Perché quella persona non c’è più. Se ne è andata qualche giorno fa, prima del tempo, prima di esserci detti tutto, come sempre succede. Ha lasciato la vertigine del vuoto, l’incertezza dei giorni senza di lei che verranno.

Vedo turisti, vedo macchine straniere, sento il bicilindrico girare bene, a posto. A volte passeggio con un filo di gas, altre volte invece spingo, come a sincerarmi che il motore non si sia addormentato. Lui non è come me: si sveglia in fretta e risponde subito. Su un tratto di rettilineo spingo, ma subito dopo c’è una curva cieca. Poco prima di imboccarla stringo i freni e la moto si appoggia sull’anteriore, composta, corretta. Ricordo che un mio amico mi disse di cercare di entrare in curva neutro: né in accelerata né in frenata, diritto, perpendicolare all’asfalto. Una volta vista la curvatura piegare, puntare con gli occhi il punto in cui vuoi uscire e a quel punto dare gas.

Facile no?

No, per niente. Neutro cosa vuole dire? La motocicletta avanza, ha la sua inerzia. Non so esattamente cosa voglia dire neutro. Come si è quando si è neutri? La neutralità non mi è mai appartenuta molto. Sono sempre stato dentro alle cose, ai fatti, ai problemi e soprattutto alle relazioni. Ho avuto tanto, ma quando perdi qualcuno perdi un capitale. Mi sono interrogato su questa cosa, mi sono chiesto se spegnere i sentimenti potesse avere un tornaconto. A volte avrei voluto, ma solo quando ho avuto la sensazione della perdita ed è un pensiero che con gli anni ho accantonato. Ne vale la pena.

Penso a quanto mi manca la nostra amica, penso al tempo passato con lei. Se mi fermo sul dolore che provo allora sì, forse mi viene in mente che era meglio non avere ricevuto tutto quell’amore, ora che mi manca, che non c’è più. Ma è come quando ti fai male: al momento vorresti solo far passare il dolore, ma ci vuole tempo e resterà una bellissima cicatrice. Potrò dire: io l’ho conosciuta, le ho voluto bene e lei ne ha voluto a me.

Arrivo all’estremità del lago. Mi fermo, mangio una banana, fumo una sigaretta. Guardo quattro ragazzi che passeggiano, doppia coppia di stranieri. Nord europa direi. Guardano la mia moto, io tiro una boccata di tabacco e sorrido. Loro ricambiano.

Hai visto amica mia? Qui non è come da te. Non è quello splendido paesaggio di sole, terra e orizzonti ampi. Non ci sono gli spazi aperti e lo sciabordio che senti non è il mare ma il lago. Non è come nella tua splendida terra, qui è un po’ diverso.

Risalgo in moto, ora uso il navigatore e imposto l’opzione “casa”. Mi dice che manca un’ora e 40. Ottimo: dovrei riuscire ad arrivare a casa in tempo per tutto. Affronto le curve per uscire dal paesino lacustre, raggiungo la statale lungo l’altro lato del lago. È stretta ma molto bella. Da un lato la roccia verticale, dall’altra, davvero a pochi metri, la riva del lago. Si vede molto poco, dietro ogni curva una incognita. Guido un po’ “strappando”: accelero secco su rettilinei e freno molto prima delle curve.

Penso a quello che ho perso, accelero più del dovuto e quando devo frenare mi trovo a “pinzare” di brutto, anche il posteriore contribuisce, tanto che blocca la ruota, la moto si intraversa un po’ e poi torna diritta. Non veniva nessuno dall’altra parte, ma questo lo si scopre sempre dopo.

Sono arrivato a casa per tempo. L’ultimo pezzo è stata la odiosa tangenziale perennemente ristretta dai lavori, dalle linee gialle per terra.

La prima volta che ti ho conosciuta abbiamo fatto questa strada. Ti siam venuti a prendere all’aeroporto.

“Buongiorno signora, sono Tommaso”

“Niente signora” e mi dicesti il tuo nome.

Come facciamo ora?

Non lo so. Mi manchi.

Autore: scartafaccio

"produrre il necessario distribuire tutto"

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