di marzo

Un pomeriggio di marzo. Canticchio “la pioggia di Marzo” di Fossati. Intanto un po’ di sole cerca di asciugare l’umido dei prati di parco Sempione. Per il momento non ce la fa.

Guardo il cielo di un blu tendente al freddo. Mi perdo un po’ a guardare la lotta fra caldo e freddo di questa stagione. Si sa già chi vincerà, ma non si sa in quanti round.

Vedo una rondine, forse mi sbaglio. Naso all’insù, proprio come quell’agente della scorta di Aldo Moro mentre aspettava il presidente Dc fuori dalla chiesa dove andava sempre a pregare la mattina. Quarantacinque anni fa, proprio in questi giorni.

“una rondine! – disse –  Sta per arrivare la primavera”.

Quell’agente quella primavera non la vide. Ancora qualche giorno e sarebbe stato ammazzato in via Fani, da un commando delle Brigate Rosse intente a rapire Aldo Moro.

Quella mattina, fuori dalla chiesa, c’erano anche dei brigatisti. Stavano osservando le mosse dell’onorevole, per capire dove fosse un punto debole della sua routine giornaliera per poterlo rapire. Furono loro a sentire questa frase, che l’agente rivolgeva ad un suo collega.

“Io ormai vado tutte le mattine fuori dal Carducci”

Anche se non lo frequenta più, veleggiando verso l’università, Elle, 20 anni, si sente in dovere di andarci. Il Carducci è quel liceo di Milano teatro di una recente polemica. Alcuni studenti hanno appeso uno striscione con le immagini del primo ministro Meloni e del ministro della istruzione (e del merito!) Valditara a testa in giù. Il testo: “ma quale merito, la vostra è solo violenza”.

Liceo Carducci, Milano

“Che poi quello striscione lo hanno messo quei 4 gatti degli anarchici. Stanno tirando su un casino per niente, fra giornali e politici”. Chi parla è Effe, che al Carducci ci studia. Effe è un compagno ma si interroga sulla effettiva utilità di una protesta del genere.

L’atmosfera è calda dopo l’aggressione fascista agli studenti del collettivo di un liceo di Firenze. La città ha risposto con un lungo corteo antifascista, aperto da due o tre file di compagni in cordone, le mani sulle aste delle bandiere tenute in orizzontale.

Le Br sulle prime pensavano che la chiesa fosse il luogo ideale per rapire il presidente, perché entrava in chiesa da solo, la scorta aspettava fuori e l’edificio aveva una uscita laterale. Poi però, osservando la piazza, c’erano troppe variabili. Una su tutte il cortile di una scuola adiacente alla chiesa. In caso di conflitto a fuoco il rischio sarebbe stato troppo alto.

Si optò quindi per via Fani, all’angolo con via Stresa, a Roma.

“Sai – continua Elle – ormai si sa che quelli di Lealtà e Azione agli studenti del Carducci gliela hanno giurata. Abbiamo avuto queste informazioni da una serie di contatti, la cosa pare certa. Stanno solo aspettando la mattina giusta. Noi intanto andiamo a fare i picchetti la mattina. Questa attesa però ci sta snervando”.

Continuo a guardare il cielo mentre Elle parla. Sì forse la primavera sta arrivando. Forse sto guardando il cielo con gli stessi occhi di quell’agente ammazzato in via Fani.

Penso che vorrei esserci anche io, fuori dal Carducci, e vorrei portare con me i compagni più cazzuti che ho conosciuto in tutti questi anni. Gente vicina ai 50, sguardo fresco e mani salde.

Saluto Elle. Vorrei proteggere i suoi 20 anni, ma non sarebbero i suoi 20 anni se non ci fosse la tensione alla prima linea. Vuole cospirare, non essere protetto.

via Fani, Roma, 16 marzo 1978

In via Fani, a Roma, il 16 marzo di 45 anni fa, l’operazione riuscì. Moro venne rapito, la scorta “annientata”, che nel linguaggio Br vuole dire tutti ammazzati.

Si sferrò l’attacco al cuore dello Stato. I giorni della prigionia di Moro però non portarono i risultati sperati, nemmeno quelli minimi, lo scambio uno a uno con detenuti politici. L’aspetto più paradossale di tutta la vicenda Moro fu che lo Stato, rappresentato di fatto dalla Dc e dal suo Presidente, descritto come cinico, sanguinario, ferocemente autoritario, si dimostrò ancora peggio di così. Quello che accadde dimostrò che – paradossalmente, appunto – le tinte fosche con cui veniva dipinto il Potere e i suoi rappresentanti, erano ancora più fosche di quanto i Br si potessero immaginare. Di fronte al ricatto Br sacrificarono senza problemi uno degli uomini più rappresentativi, pur di continuare a mantenere intatto lo status quo.

Fecero un po’ come Keyser Soze ne “i soliti sospetti” che, rientrando a casa e trovando i suoi nemici che minacciavano sua moglie e sua figlia, uccise entrambe, così i suoi nemici non avevano più niente in mano.

“Quasi certamente Keyser Söze non è il diavolo, ma è comunque quanto di più prossimo a lui si possa trovare in terra” – I soliti sospetti 1995 regia di Bryan Singer

Anche io voglio cospirare. Insieme ad Elle, ad Effe e a tutti i ragazzi come loro. Non ho niente da insegnargli, semmai ho da imparare. Posso solo metterli al corrente di quanto già successo, di quanto già visto così che possano avere quante più informazioni possibile. Per il resto so che faranno benissimo.

Mi chiudo la giacca e risalgo in moto. Inizia ad imbrunire.

Salgo in moto.

Sì forse la primavera sta arrivando, ma l’aria fredda che entra nel casco mi dà qualche brivido.

Del resto si sa: “di marzo si fa sera ancora presto

Autore: scartafaccio

"produrre il necessario distribuire tutto"

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