gruppi

Era una sera abbastanza fredda. Appuntamento alle 19 e 30 all’angolo qui sotto. Ho mangiato al volo, gnocchi. Poi ho salutato la famiglia e sono sceso in strada. Chitarra nella custodia e borsa con fogli, cavi, pedali, accordatore. Attendo che mi passi a prendere D. Ci siamo conosciuti che era primavera inoltrata. Mentre i nostri figli giocavano e si inseguivano, noi ci siamo messi a chiacchierare. Accento romano, sorriso gentile, anche lui suona la chitarra. Ci siamo messi a parlare dei nostri rispettivi gruppi, di come funzionano, che musica facciamo, che chitarre suoniamo. Loro fanno roba forte, che fa rumore, che serve il distorto, il fuzz e chissà quali altre diavolerie da rockettari. Io, con il mio gruppo, suono quasi sempre pulito, tranne un lead nei soli, che però mi fornisce il Marshall a cui mi attacco in sala prove.

Comunque chiacchieriamo bene, ci fa piacere trovarci ed ammazzare il tempo mentre intorno a noi infanti urlanti si inseguono e ridono.

Passa l’estate. A settembre ci si ritrova. Giusto qualche saluto veloce fuori dalla scuola, un sorriso, un “oh, ci dobbiamo beccare con le chitarre eh?!”.

Intanto continuo con il mio gruppo. Viene fuori una possibilità di suonare in pubblico. Il cantante però non vuole. Non lo dice espressamente, dimostra anzi entusiasmo all’inizio. Poi, come già successo in passato, quando si tratta di occuparsene veramente, trova una scusa, un cavillo e manda tutto in vacca. Questa volta non lascio correre. Mi sento preso in giro. Così mi do’ alla macchia. E anche lui deve aver capito che così non si fa, perché non mi cerca. Passa l’autunno. Non si suona. Non ci si sente nemmeno, la chat tace. Vedo giusto il batterista, ma perché siamo amici e abbiamo dei figli più o meno della stessa età. Io ne approfitto per fare pratica, studiare scale nuove, suonare suonare, come dice la PFM. In questi mesi stresso spesso il mio amico Peppo, chitarrista professionista. Gli chiedo quando è libero, gli sottopongo i miei dubbi, le mie incertezze. Lui risponde, spiega, suona con me. Il gruppo non mi manca e poi sono ancora troppo incazzato per come sono andate le cose. Dall’autunno inoltrato fino a natale conosco solo la mia chitarra, le basi su cui suonare, studio nuovi trucchi, cerco di migliorare.

Ultimi giorni prima delle vacanze invernali. Sono le 4 e mezzo, interno della scuola. Fuori è buio. Incontro D. Non lo vedo da un pezzo, più o meno da quando ha iniziato a fare troppo freddo e buio per i pomeriggi al parco. Mentre i nostri figli, con i loro tempi, si mettono giacche, sciarpe, cappelli e guanti, lui mi dice:

“ah senti, ti andrebbe di provare con noi?”

“ah…beh…sì dai…anche se veramente….”

“Vai tranquillo. Sono canzoni facili. In realtà cerchiamo un bassista, però il cantante potrebbe passare al basso. Insomma, vediamo un po’ come fare”.

Accetto. Ci lasciamo con un “ne riparliamo dopo le vacanze”.

Arrivano le vacanze. Partiamo per la toscana. La macchina è piena e una chitarra non ci sta. Ci sta però l’ukulele, che mi porto via.

Così, mentre sono nella enorme sala della casa presa in affitto e sto cazzeggiando con il mac, su whatsup arriva un messaggio di D. Anzi: più messaggi. Ha mandato un file zippato con dei files audio, più un word. Sono le tracce del suo gruppo e gli accordi.

Scarico, apro lo zip e mentre il mac lavora, apro il file word con gli accordi. Sembrano semplici, niente none, quinte o cose varie. Niente accordi composti con slash o bassi strani da fare.

Ascolto. C’è un sacco di distorsione, il suono è potente e deciso, i testi, perlopiù in italiano, raccontano di una ricerca di un modo di essere e sono pure anti sistema, anti guerra.

Quando D. mi disse “è tipo Litfiba prima maniera” devo dire che ci aveva abbastanza preso.

Provo con l’ukulele, ma non è proprio lo strumento adatto. Aspetto di essere tornato a casa e di provarle con la chitarra, anche perché pare che la prima prova sarà a metà gennaio e di tempo ne ho.

Finiscono le vacanze, dal mio solito gruppo nessuna news. Io uso ogni momento libero per provare questi nuovi pezzi. Alcuni scorrono via veloci. Altri sono da capire meglio. Intanto D. tace. Pazienza – penso – ho comunque fatto altra pratica. Poi, un giorno gelato, mi scrive. Ci si vede un lunedì sera in una sala prove qui vicino. Mi passa a prendere lui.

Era una sera abbastanza fredda. Appuntamento all’angolo qui sotto. Gli gnocchi ancora non li ho digeriti, avendoli trangugiati in fretta. Aspetto il passaggio. D. arriva. Carico la mia chitarra in macchina e andiamo. Ho la sensazione di fare una cosa diversa dal solito, che molto probabilmente non rifarò più. Come andare a vedere un film che non è il tuo genere.

Entro in sala. Mi presento al cantante (è un po’ diverso da come l’ho visto nei video caricati sul tubo) e al batterista. Proviamo. Iniziamo. Io cerco tutto il distorto che ho. Mi sono portato la Black Beauty per fare casino. Sbaglio qualcosina, ma i pezzi li conosco. Li ho sentiti e provati parecchio, di fronte al mio mac.

Il clima è rilassato, gli altri del gruppo sono simpatici. Io faccio il mio dignitosamente. Mi diverto ma mi sento abbastanza fuori posto, sebbene questo non mi crei alcun disagio. Finiscono le prove. Usciamo. Si chiacchiera e poi con D. torniamo a casa.

“bello, mi sono divertito – gli dico – ma onestamente non credo che abbiate bisogno di un chitarrista tipo me”

D. non abbandona il suo sorriso sereno, non conferma né smentisce

“Come è andata ieri sera alla fine?” mi chiede la mia compagna il giorno dopo.

Le dico “bene”, è stata una bella esperienza. Divertente. Ma non penso che si ripeterà.

Torno ai miei esercizi, a suonare sulle tracce delle canzoni che più mi piacciono.

Passa qualche giorno. Mi arriva un messaggio da D. “ci farebbe piacere continuare insieme”.

Resto un po’ stupito, non me lo aspettavo. Ma in fondo mi fa piacere.

Eccomi qui. Inquadrato come chitarrista in un gruppo nel quale non avrei mai pensato di suonare. Però, sentendo le registrazioni delle nostre prove, c’è un tiro notevole. Il batterista non perde un colpo, va sicuro e rende tutto molto forte e credibile. Il cantante (e bassista per l’occasione) sa quello che vuole, sa come dobbiamo suonare e ce lo dice in modo fermo e gentile.

Mi sento bene, ci sono buone vibrazioni. È il fascino di unirsi intorno ad una cosa, ad un codice. La conoscenza personale viene dopo, prima c’è il creare insieme qualcosa. È un percorso affascinante, apparentemente inverso al solito: prima costruisci, poi, man mano, conosci le persone con cui hai costruito.

Grazie papà per avermi regalato una chitarra, quando avevo 8 anni. Mi spiace solo che non hai potuto vedere quanto questo regalo mi abbia dato nel tempo.

….ma a volte, quando sono preso particolarmente bene, ti immagino lì seduto vicino a me, con la tua aria vagamente ironica e soddisfatta, la sigaretta in mano e un sorriso tutto per me.

Autore: scartafaccio

"produrre il necessario distribuire tutto"

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