il peso dell’assenza e dei colori

Mi dicevano “scrivi che sei bravo”, “è un peccato se non scrivi”, “più scrivi e più migliori”.

Tutto vero, almeno credo. Solo che non sempre mi riesce. Vedo troppe cose e ogni dettaglio ne richiama altri. Si creano ramificazioni di idee, ricordi ed emozioni molto belle da vedere, ma difficili da districare. È come trovarsi davanti ad una quercia, vecchia, forte e nodosa. Per forza di cose ne racconti un pezzo, un pezzo solo. Se sei bravo riesci a fare capire che ci sono molti altri rami, che hai scelto di raccontarne uno solo perché ti è venuto spontaneo così. Fra le righe si dovrebbero vedere altre foglie, altri tronchi e sentire la fresca ombra che fanno.

Oggi è stato così. È bastata una strada. Sulla circonvallazione ho preso a destra, per il naviglio pavese. Dritto fino a Pavia. All’inizio case basse, qualche vecchia cascina ai bordi del naviglio, alcune perfettamente ristrutturate, altre abbandonate. Verde, papaveri, alberi, ombra e sole. Tutto diritto. Gas e via.

È bastata una strada a scatenare tutti i giugni passati, quelli tra fine della scuola e partenza per le vacanze. Macchina carica di bagagli, la Maremma che si avvicinava. Il groppo alla gola per la luce fino alle 9 la sera, una “voglia di dare baci in bocca alla vita” e al contempo la sensazione che la stagione iniziata stesse già sfuggendo di mano. Come si rallenta il tempo? A che serve fare la conta dei giorni che mancano all’autunno? Niente. Il tempo non si rallenta. Puoi solo viverlo senza pensieri, cosa che non è mai stato il mio forte.

Guido la moto fino a Pavia. Di giugni se ne sono accumulati davvero tanti. Tutti diversi, tutti di fondo uguali. Quella voglia di “alzarsi in cielo e urlare chi sei tu” non mi ha mai abbandonato.

Ho guidato e ho pensato che certe perdite sono incolmabili. Ho pensato all’odore di mio padre, al mio sguardo su di lui mentre guidava e fissava la strada; ricordo anche come lo guardavo, un po’ dal basso perché ero piccolo, ma anche ammirato, fiducioso, sicuro. Lui non ha mai guidato la moto, però, quando presi la mia prima Kawasaki, disse che mi capiva, che doveva essere bello.

Guido e guardo i papaveri lungo il fossato, il verde forte di giugno, caricato da bombe di acqua e pronto a resistere alla calura. Ho fatto quella strada centinaia di volte. In moto, in macchina, persino in autobus ed in vespa. Andavo all’università di Pavia, e un giorno era per un corso, un altro per un esame, un altro ancora per la segreteria, poi anche per andare a feste di laurea di amici più giovani di me e laureatisi prima di me.

Mio padre guida, cambia marcia, sterza, ogni tanto guarda nello specchietto, a volte mi appoggia la mano sulla spalla e mi sorride. Con me ha sempre avuto un sorriso paziente e naturale. Non doveva “armarsi di pazienza”, come si dice di solito. Ce l’aveva già. Sapeva che le cose si sarebbero sistemate, per me, per la mia vita, persino per i miei studi che ho reso sempre più complicati del necessario. Ripenso a quella calma con una tenerezza che mi schiaccia. Ora direbbe: hai visto? Si è sistemato tutto no?

Sì papà, ma c’è ancora molto da fare.

Ma questa è la vita

Ci sono i campi di grano lungo il Ticino. Qui han girato “Il ragazzo di campagna” con Pozzetto. Cerco la casa in cui abitava, nel film. So che è qui vicino. Se la trovo mi fermo e faccio una foto, così la mando ad una mia amica fan di Pozzetto, che non sta attraversando un bel periodo.

Spazi aperti, sole, verde e giallo i colori dominanti.

La strada è stretta ma poco trafficata. Vedo bene tutte le curve e su alcune allungo, penso alla traiettoria e le prendo bene. A tratti invece giro con il motore al minimo. Mi guardo intorno, a volte tolgo la mano sinistra dal manubrio e mi diverto a giocare con l’aria.

È una buona moto. Un bellissimo regalo.

Passo vicino a qualche acacia e il pensiero va alla maremma, a quando finalmente si arrivava, a mio papà che scendeva di macchina facendo un “aaaahhhh!!!” soddisfatto.

“avessi qui la forza

della tua presenza

ma tu sei quello che vuoi

e infine ognuno ottiene quello che vuole

e se ne sta con i suoi

avessi il dono di interrompere la pioggia

avessi anche io diritto ad un equilibrio

ma enorme

di questa pace addosso

non so che farmene”

Assalti Frontali – “Notte d’acqua”

Autore: scartafaccio

"produrre il necessario distribuire tutto"

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