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Si ricomincia. Forse non abbiamo mai smesso. Si comincia con una casa piena di luce, di libri, affacciata su una piazza i cui alberi sembra vogliano entrare in casa.

Fuori il mondo è sempre quello. Resistente, perché preferisco guardarne il lato buono. Il mio mondo fa parte del tutto. Se ci sono notti agitate, di quelle alla fine delle quali ti alzi incarognito, anche in Palestina ci sono. Solo che lì non dormono perché sentono il rombare degli aerei militari e devono sperare che la bomba non cada presso di loro. Io mi limito a sperare che la notte dopo vada meglio.

Loro sperano di essere ancora vivi, al mattino.

Si ricomincia con un po’ di mal di schiena per gli scatoloni e i mobili portati su per le scale, gli starnuti da polvere e da polline. Ma fuori c’è il maggio. Il nostro maggio. Quello che cantava De André e io sono sicuro che anche questo maggio ha la sua da dire. Lo vedo nei giovani, in quelli che , facendo due conti, potrebbero essere i miei figli. E pure grandicelli. Lo vedo nelle kefiah avvolte alla bell’e meglio intorno al collo, nei libri che leggono (gli stessi che ho letto io), in quella voglia di fare qualcosa, di organizzarsi. E si può leggere come un’altra generazione che verrà sconfitta o come un’altra generazione che ci prova, che farà un pezzetto, che lotterà con i mezzi e i tempi che sta vivendo. C’è da imparare. Stare zitti e ascoltare, con loro. Parlare se interrogati.

Amici da invitare, facce da rivedere. Cene con bambini razzolanti intorno. Canne e libri di cui parlare.

Mi guardo e ora sono grande, ma non ho perso quello sguardo “di sospetto e di fede verso il mondo curioso dei grandi”. Ed è divertente a volte, perché guardi due te stesso. Uno apparentemente grande e inserito. L’altro che cerca, razzola, vuole perdere tempo, ha come desiderio più grande quello di stare in spiaggia a guardare le nuvole correre. Magari con una chitarra in mano.

Oggi ancora scatoloni, libri da sistemare, riviste da catalogare. Ho trovato anche alcune cartoline. E tanti, tanti biglietti. Me li ricordo tutti, andavano solo rispolverati, recuperati dagli scaffali e dalla memoria.

Se ne accumuleranno altri. E saranno tutti bellissimi.

Bellissimi, con quelle “i” mezze ciancicate come le pronuncia mia figlia.

Dicono mi somigli.

È questo il gioco.

Stare zitti e ascoltare, con loro

Autore: scartafaccio

"produrre il necessario distribuire tutto"

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